PHAROS. Tra Tratto e ri_Tratto
Pubblico con grande piacere il testo introduttivo, redatto dal caro amico Norberto Medardi, alla mostra dei miei recenti lavori che si terrà fino al 17 settembre 2024 presso la galleria Immaginaria di Firenze.
PHAROS. Tra Tratto e ri_Tratto Antefatto e Archetipo È nell’Egitto tolemaico del III sec. a.C. investito per volere di Tolomeo I di un fiorire di monumenti pubblici, oramai nel mito come il Museion e la Biblioteca, che nasce il FARO, torre alta 134 metri che si poteva scorgere sino a 48 km di distanza. Fra le sette meraviglie del mondo antico, collegava attraverso l’hapstadion (una strada della misura di sette stadi egiziani) l’isola di Pharos, da cui prenderà etimologicamente il NOME, con la città di Alessandria. “Architettura solitaria”, baluardo di salvezza, oramai perduta è stata immaginata e rappresentata nei secoli da artisti e archeologi come Maarten van Heemskerck, Fischer von Erlach, sino alle ipotesi grafiche dell’archeologo tedesco Hermann Thiersch nei primi del ‘900. Le ultime opere di Angelo Gueli tradiscono sicuramente la sua formazione. Si inserisce in una storia di architetti/artisti/disegnatori “costruttori di mondi”, che vanta nomi illustri come John Hejduk, Walter Pichler, Raimund Abraham e in Italia Massimo Scolari, che hanno un comune denominatore nella costruzione di un universo immaginifico nel quale archetipi e arte della memoria indagano i topoi di un’architettura dell’immaginario. Il segno a pennino ha il sapore delle incisioni a bulino e ne ricordano il tratto ricercato addolcito da una manualità certosina. Tratti reiterati a costruire come in una reale architettura segno dopo segno, mattone dopo mattone, l’elevarsi del partito murario. Figure compaiono tra costruzioni frammentate e frammenti di archeologie, trabeazioni, canèfore, erme, telamoni, piramidi e ziggurat nelle quali a volte vi si incastrano solidi geometrici di pacioliana memoria. Architetture abitate da figure asserragliate da animali fantastici. Del resto è nota la frequentazione del Nostro della solida tettonica trattatistica di Serlio e Vignola ma anche dell’INCA(L)NTATO, distopico mondo di Moebius. I Fari di Gueli sono epitomi di un universo nel quale si celebra - nell’assenza dell’uomo? - lo spazio del Fantastico, “dominio dell’inatteso” che travalica la contingenza storica e i confini del reale per abitare la geografia ignota dei territori dell’inconscio. Sono visioni in cui la struttura si lega al simbolo e alla geometria, entrambi strumenti di conoscenza, che attraversano temi e tempi remoti. Dualità tra segno e immagine espressa, tra architettura e figura il FARO gueliano, abitante silenzioso, pronto ad accogliere viaggiatori inattesi attirati dal fascio di luce della fantasia, prende spunto dal linguaggio classico per frequentare la dimensione del “Sublime romantico". Segno cristallizzato definito da un costante e reiterato tratto, figurazioni escatologiche che aspirano allo status di Monumentum per una nuova umanità o al recupero di un mondo perduto? Quel che è certo e che in queste “luminose architetture della memoria” è possibile ritrovare quel “silenzio metafisico dell’attesa” proprio di un linguaggio che degli archetipi e del mito ci ha regalato quinte ideali e idealizzate di personali mitologie. Norberto Medardi Firenze, luglio 2024